Tra le modifiche introdotte al codice di rito con la riforma del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, appena approvata (Legge n. 103/2017), si segnala la modifica dell’art. 546 c.p.p. che disciplina i requisiti ed i contenuti della sentenza pronunciata all’esito del dibattimento.
L’art. 546 c.p.p. già prevedeva (lett. e) che il Giudice dovesse dare conto delle prove a sostegno della decisione e delle ragioni per le quali non erano state ritenute attendibili le prove contrarie.
La riforma ha reso estremamente più oneroso l’obbligo motivazionale del Giudice, chiamato adesso ad esplicitare l’attendibilità e l’inattendibilità delle prove in relazione: “1) all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputazione e alla loro qualificazione giuridica; 2) alla punibilità e alla determinazione della pena, secondo le modalità stabilite dal comma 2 dell’articolo 533, e della misura di sicurezza; 3) alla responsabilità civile derivante dal reato; 4) all’accertamento dei fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali”.
La finalità del legislatore sembrerebbe essere quella di imporre al Giudice di motivare con maggior chiarezza, in modo quasi schematico, ogni profilo attinente la responsabilità penale.