Resiste il doppio binario sanzionatorio in tema di “market abuse”.

//Resiste il doppio binario sanzionatorio in tema di “market abuse”.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 102/2016, ha confermato la legittimità del doppio binario sanzionatorio – penale e amministrativo – previsto per il reato di market abuse di cui all’articolo 187-bis, comma 1, del Decreto Legislativo n. 58/1998 (Testo unico in materia di intermediazione finanziaria, c.d. T.U.F.), dichiarando inammissibili le questioni di incostituzionalità sollevate dalla Corte di Cassazione.

E’ doveroso premettere che il Testo Unico “Draghi” prevede per l’abuso di informazioni privilegiate (Insider trading) e per la manipolazione del mercato sia l’integrazione delle fattispecie delittuose di cui rispettivamente agli artt. 184 e 185 T.U.F., sia le sanzioni amministrative previste rispettivamente dagli artt. 187 bis e 187 ter T.U.F. Il doppio binario è stato introdotto dal legislatore con la legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), attuativa della direttiva n. 2003/6/CE (cosiddetta Market Abuse Directive – MAD I). Le condotte sanzionate dalle disposizioni che prevedono gli illeciti amministrativi sono le medesime di quelle previste dalle fattispecie incriminartici. Gli artt. 187 bis e ter, infatti, si aprono con la clausola di riserva «salve le sanzioni penali»

La Consulta ha ritenuto, con la pronuncia che qui, in breve, si commenta, che la possibilità per l’ordinamento di sanzionare contestualmente il medesimo fatto in sede amministrativa e penale fosse da ritenersi legittima, senza che possa ritenersi sussistente alcuna violazione del principio del ne bis in idem, cosi discostandosi dalla posizione che sembrerebbe ormai aver assunto la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Con la sentenza Grande Stevens del  4 marzo 2014, in particolare, la Corte Europea aveva attribuito natura sostanzialmente penale alle sanzioni amministrative stabilite per l’illecito amministrativo di manipolazione del mercato previsto dall’art. 187 ter T.U.F. a causa della gravità delle sanzioni pecuniarie inflitte e delle conseguenze delle sanzioni interdittive. Conseguentemente, secondo la Corte Europea, non poteva trovare applicazione la sanzione penale prevista dal delitto di “Manipolazione del mercato” di cui all’art. 185 T.U.F. per violazione del principio del ne bis in idem.  Anzi, La Corte Europa aveva sottolineato le criticit’ nascenti dalla mancanza nell’ordinamento di un meccanismo che imponesse l’interruzione del secondo procedimento nel momento in cui il primo, amministrativo o penale, si fosse concluso con pronuncia definitiva. Infine, veniva evidenziata l’identità dei fatti, dato che i due procedimenti, instaurati dinanzi alla CONSOB e al giudice penale, riguardavano un’unica e identica condotta posta in essere da parte dei medesimi autori. Questi gli argomenti, in estrema sintesi, forniti dalla Corte Europea per giungere a ritenere violato l’art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU.

La Consulta, nella sentenza n. 102/2016, richiama la pronuncia della Corte Europea e ne disattende i contenuti, asserendo che nella giurisprudenza europea il ne bis in idem sia da interpretare in modo diverso rispetto allo ordinamento interno. In particolare,  secondo la Corte Europe dei Diritti dell’Uomo la valutazione della identità del fatto deve svolgersi in concreto e non in relazione agli elementi costitutivi dei due illeciti.

La strada che sembrava fosse stata tracciata dalla Corte Europea appare, quindi, ancora da definire, quantomeno nel nostro ordinamento interno.

2016-07-11T17:51:11+00:00 11 Luglio 2016|Approfondimenti|