La Suprema Corte di Cassazione ha di recente avuto occasione di definire i contorni della fattispecie di infedele dichiarazione di cui all’art. 4 D.lgs. 74/2000, precisando quali condotte di evasione fiscale siano estranee alla fattispecie a seguito della riforma di cui al d.lgs. 158/2015.
Nel dettaglio, le ipotesi di sotto-fatturazione, che si hanno in caso di indicazione in fattura di un importo inferiore rispetto a quello realmente percepito, in modo da consentire all’emittente della fattura il conseguimento di ricavi non dichiarati, rientrano nel reato di infedele dichiarazione.
Dalla tipicità del fatto di reato di dichiarazione infedele, invece, deve escludersi la “divergenza tra gli importi indicati in dichiarazione e quelli effettivamente percepiti (elementi attivi per un importo inferiore a quello effettivo), quando la discrasia sia frutto della violazione della regola cronologica relativa all’esercizio di competenza o della non inerenza ma l’elemento attivo, seppur impropriamente collocato nel tempo, sia reale e ontologicamente esistente, ossia riconoscibile in rerum natura, il che vale, come anticipato, per gli elementi attivi perché, quanto a quelli passivi, è sufficiente la loro esistenza per escludere la tipicità”.
Questo, in conclusione, il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 30686/2017: “il fatto tipico, precisato nel modello legale del reato di infedele dichiarazione dei redditi (articolo 4 d.lgs. n. 74 del 2000), deve perciò ritenersi integrato dalla presenza di elementi positivi della condotta punibile, ossia dalla indicazione nella dichiarazione di ricavi per un ammontare inferiore a quello effettivo, anche con il ricorso alla tecnica della sottofatturazione, o dalla indicazione di costi inesistenti (non più fittizi), con conseguente superamento della soglia di punibilità, e dalla contemporanea mancanza di elementi negativi della condotta delittuosa, in quanto rientranti anche essi (sia pure in negativo) nella dimensione della tipicità (nel senso cioè che i ricavi omessi non devono essere stati anticipati o posticipati rispetto all’esercizio di competenza, risolvendosi in ciò, anche alla stregua di elementi negativi del fatto di reato, l’intera condotta punibile)”.