Il reato di associazione per delinquere non è una “norma aperta”

//Il reato di associazione per delinquere non è una “norma aperta”

Con l’ordinanza della Corte d’Assise di Taranto del 4 ottobre 2016 si è sostenuto che – diversamente da quanto statuito in Cass. Pen., Sez. VI, 24 gennaio 2014, n. 3635 – le fattispecie non espressamente richiamate nel catalogo dei reati presupposto del D.Lgs. 231/01 non possano essere indirettamente recuperate ai fini della individuazione del profitto confiscabile.

Si è, quindi, ritenuto che – in conformità al principio di legalità e tassatività del diritto penale – non possano ricomprendersi tra i reati-scopo dell’associazione per delinquere contestabili all’ente i reati non previsti espressamente dal D.Lgs. 231/01.

Diversamente la norma incriminatrice di cui all’articolo 416 c.p. fungerebbe da disposizione “aperta”, dal contenuto elastico, potenzialmente idoneo a ricomprendere nel novero dei reati-presupposto qualsiasi fattispecie di reato. Ne deriverebbe il rischio di estendere oltre ai confini ex lege previsti l’area di potenziale responsabilità dell’ente collettivo, i cui organi direttivi, peraltro, verrebbero in tal modo costretti ad adottare su basi di assoluta incertezza, e nella totale assenza di oggettivi criteri di riferimento, i modelli di organizzazione e di gestione previsti dall’art. 6 D.Lgs. 231/01.

2017-06-12T13:44:04+00:00 8 Giugno 2017|News|