Non è possibile invocare la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis c.p. se gli omessi versamenti delle ritenute previdenziali (art. 2 del D.L. 12 settembre 1983, n. 463) sono quantitativamente rilevanti e non episodici.
La Corte di Cassazione si è così espressa su una vicenda in cui la Corte d’Appello di Milano aveva confermato la condanna emessa nei confronti di un datore di lavoro per il reato di omesso versamento all’INPS delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, condotta realizzata per cinque mesi continuativi tra settembre 2007 e gennaio 2008 (cfr. Cass. Pen. n. 40350 del 8 ottobre 2015).
La Suprema Corte ha rigettato la richiesta difensiva di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis c.p. ed ha affermato che nel caso in cui gli importi evasi non risultino quantitativamente così sporadici ed esigui da essere ritenuti di particolare tenuità, la richiesta di applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. deve essere respinta. Le ritenute previdenziali sono, del resto, componenti della retribuzione trattenute al lavoratore ai fini previdenziali: l’omesso versamento di cinque mensilità di contributi previdenziali non può essere ritenuto un fatto tenue nella prospettiva dell’interesse leso e del danno arrecato alla persona offesa.
Nella stessa sentenza, peraltro, è stato ribadito il concetto per il quale la legge delega non ha contenuto precettivo e per tale ragione non può trovare applicazione in assenza di un decreto legislativo che ne applichi i contenuti. Per tale ragione, dunque, la condotta di omesso versamento delle ritenute previdenziali deve ritenersi allo stato penalmente rilevante in quanto la depenalizzazione voluta dal Parlamento con la legge delega n. 67/2014 non è stata fino ad oggi attuata con l’adozione di un decreto legislativo da parte del Governo.