L’art. 624 bis c.p. punisce il furto in abitazione che si integra ogni volta in cui l’impossessamento della cosa mobile altrui avviene grazie all’introduzione dell’autore del reato nel luogo di privata dimora.
La Corte di Cassazione, riunita a Sezioni Unite, era stata chiamata con ordinanza n. 652/2017 a chiarire se nella nozione di “privata dimora” rientrasse anche il luogo dove si esercita un’attività commerciale o imprenditoriale, come, ad esempio, un ristorante.
Il 23 marzo 2017 le Sezioni Unite hanno fornito risposta negativa al quesito chiarendo che rientrano nella nozione di privata dimora “esclusivamente i luoghi, anche destinati ad attività lavorativa o professionale, nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare”.
In attesa del deposito delle motivazioni può ritenersi che in generale è da escludersi l’art. 624 bis c.p. quando l’azione delittuosa sia stata realizzata in esercizi commerciali, studi professionali, stabilimenti industriali e, in generale, in luoghi di lavoro, anche qualora la condotta sia ivi posta in essere in orario di chiusura al pubblico della sede lavorativa e, in particolare, nell’ipotesi di assenza di persone dedite ad una qualche attività o mansione all’interno di tali luoghi in detti orari.
Resta tuttavia da chiedersi se la riconduzione di tali ipotesi all’art. 624 bis c.p. non sia comunque possibile in virtù del fatto che trattasi pur sempre di condotte realizzate attraverso l’introduzione in un edificio, circostanza di luogo espressamente richiamata dalla norma.