Nell’ambito di uno degli ultimi filoni della vicenda Parmalat, la Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass. Pen. n. 35818 del 2 settembre 2015) ha nuovamente ribadito la distinzione e l’autonomia dei regimi di responsabilità penale esistenti tra la persona fisica e la persona giuridica.
La Cassazione ha confermato la sanzione pecuniaria imposta e determinata ex D.Lgs. 231/2001 dalla Corte d’Appello di Milano a carico di Citibank , chiudendo così una dei filoni della vicenda Parmalat in cui il responsabile delle relazioni con il gruppo era imputato di aggiotaggio per aver alterato i titoli del gruppo attraverso la diffusione di notizie false e tendenziose sulla situazione finanziaria della società quotata.
Il processo di primo grado si era concluso con l’assoluzione dell’imputato e, come automatica conseguenza, con il proscioglimento dell’Ente, imputato ai sensi del D.Lgs. 231/2001.
Tuttavia, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, la Cassazione ha precisato che dall’assoluzione della persona fisica non può derivare sic et simpliciter l’assoluzione dell’Ente. Argomenti in tal senso si ritrovano sia nella relazione allo stesso decreto 231, ove sono suddivise esplicitamente la responsabilità della società dall’accertamento del reato nei confronti della persona fisica, sia nell’art. 8 d.lgs. 231/01.
Infine, la Cassazione ricorda – come già chiarito nella sentenza Thyssen Krupp (Cass. Pen., Sez. Unite, n. 38343/2014) – che la responsabilità dell’ente non è una responsabilità per fatto altrui, bensì per fatto proprio: è necessario, infatti, che sia ravvisata una colpa nell’organizzazione aziendale che ho consentito la verificazione di reati specifici, individuati come reati-presupposto nel D.Lgs. 231/2001.
Insomma, in tema di responsabilità 231 nessun esito è scontato. La condanna dell’imputato può essere seguita dal proscioglimento della società; dall’assoluzione dell’imputato può derivare comunque la penale responsabilità dell’Ente ex d.lgs. 231/01.