Il 21 maggio 2015 la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il Disegno di Legge n. 3008, recante “Disposizioni in materia di delitti contro la Pubblica Amministrazione, di associazioni di tipo mafioso, nonché ulteriori modifiche al codice di procedura penale, alle relative norme di attuazione e alla legge 6 novembre 2012, n. 190”.
Tra le principali novità, rilevante anche nell’ambito della responsabilità amministrativa degli Enti derivante da reato ex D.Lgs. 231/2001, si segnala:
- la riscrittura del reato di false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.), con eliminazione delle c.d. soglie di punibilità ed indicazione della pena detentiva della reclusione da 1 a 5 anni;
- l’ipotesi di pena attenuata per i «fatti di lieve entità» (art. 2621 – bis c.c.);
- l’introduzione del reato di false comunicazioni sociali nelle società quotate (art. 2622 c.c.);
- la modifica dell’art. 25-ter del D.Lgs. 231/2001, con la previsione di sanzioni pecuniarie (da 200 a 400 quote per il reato di false comunicazioni sociali ex art. 2621 c.c.; da 100 a 200 quote per i “fatti di lieve entità” ex art. 2621-bis c.c.; da 400 a 600 quote per il reato di false comunicazioni sociali nelle società quotate ex art. 2622 c.c.).
Di seguito il testo integrale del nuovo reato di falso in bilancio, di cui all’art. 2621 c.c.
«Fuori dai casi previsti dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi».
L’aspetto più interessante della nuova fattispecie, che meriterebbe un serio approfondimento, attiene all’astratta possibilità di assegnare un ruolo alle “valutazioni”, ovvero limitare l’ambito oggettivo della fattispecie ai meri “fatti “.
La nuova norma, infatti, precisa che il mendacio o l’omissione deve riguardare “fatti materiali rilavanti”. Prima della riforma operata dal Legislatore nel 2002 la norma faceva riferimento ai soli “fatti”; già allora sussistevano dubbi sulla possibilità di far rientrare le “valutazioni” nell’alveo della fattispecie penale. Ad oggi, la nuova locuzione “fatti materiali” parrebbe escludere tout court la possibilità che le valutazioni mendaci o le valutazioni omesse nell’ambito del bilancio societario possano fondare una responsabilità penale rilevante ex art. 2621 c.c.
Tale considerazione fa sorgere qualche perplessità sulla concreta applicabilità della norma, posto che l’art. 2424 c.c., norma che indica come deve essere redatto lo stato patrimoniale del bilancio, richiede di certo di effettuare delle valutazione di stima su alcune poste di bilancio. Si pensi, ad esempio, ai conferimenti in natura effettuati dai soci.
Sotto un profilo logico e sistematico, l’impossibilità di ricomprendere le “valutazioni” nell’ambito della rilevanza penale di cui all’art. 2621 c.c. giustifica l’eliminazione delle soglie di punibilità che erano, invece, presenti nella precedente formulazione.