In caso di incidente stradale è opportuno procedere immediatamente a contattare il soccorso sanitario (digitando il numero 118 ovvero il nuovo numero unico di emergenza 112) laddove si siano verificate delle lesioni o traumi alle persone. In seguito dedicarsi alla compilazione del CID (Convenzione per l’indennizzo diretto, anche conosciuta come “constatazione amichevole”). In alternativa contattare la polizia locale che redigerà un verbale dell’incidente stradale. Se è possibile annotarsi i contatti dei testimoni che hanno assistito alla dinamica. E’ altamente consigliabile rivolgersi subito ad un avvocato che vi possa assistere nei rapporti con la Vostra assicurazione o con l’assicurazione di controparte (che, diversamente da quanto si ritiene solitamente, non è di aiuto in questi casi divenendo la vera controparte delle pretese risarcitorie) e possa quindi presentarsi come un interlocutore qualificato al fine di farvi ottenere il risarcimento dovuto nella misura corretta, anche attraverso, nel caso, l’assistenza del medico legale di parte.
La denuncia, presentata dal pubblico ufficiale o dal privato, è uno dei mezzi attraverso il quale l’Autorità giudiziaria viene resa edotta della sussistenza di un fatto di reato (artt. 331 e ss. c.p.p.). Ai privati è concessa la facoltà di presentare denuncia oralmente (art. 333 c.p.p.). Nel caso di denuncia, il procedimento penale è avviato d’ufficio, a prescindere dalla volontà della persona offesa dal reato.
Per poter procedere, invece, in ordine ad alcuni reati specifici, la legge richiede la sussistenza di una particolare condizione di procedibilità. La querela è un atto con cui la persona offesa dal reato esprime la propria volontà che si proceda in ordine ad uno specifico reato (artt. 336 e ss. c.p.p.). Si pensi ai reati di lesioni, percosse, ingiuria, diffamazione. La querela può essere presentata oralmente (ed in questo caso si redige un verbale per iscritto ad opera dell’autorità che la riceve) e può essere rimessa (cioè ritirata) o fatta oggetto di rinuncia (se non è stata ancora presentata). La legge prescrive, inoltre, che la querela debba essere presentata entro il termine perentorio di tre mesi dal momento in cui si è avuta conoscenza del fatto costituente reato (art. 124 c.p.).
La Procura della Repubblica non è obbligata ad informare l’indagato che si stanno svolgendo indagini penali nei suoi confronti, tranne in ipotesi particolari per le quali è necessaria la notifica dell’avviso di garanzia (art. 369 c.p.p.). Tuttavia, chiunque può richiedere un certificato c.d. 335 (in quanto previsto e disciplinato dall’art. 335 c.p.p.) nel quale la Procura della Repubblica rilascia informazioni sulla sussistenza o insussistenza di procedimenti penali pendenti nei quali il richiedente sia indagato ovvero sia persona offesa dal reato. E’ possibile richiedere il certificato 335 c.p.p. in ogni Procura della Repubblica d’Italia: ogni Procura della Repubblica rilascia il certificato attestando l’iscrizione presso il proprio ufficio. In ipotesi, quindi, laddove si ritenesse di poter essere indagati a Milano, a Como e a Busto Arsizio, dovranno essere richiesti tre distinti certificati: uno alla Procura di Milano, uno alla Procura di Busto Arsizio e uno alla Procura di Como.
La difesa relativa alla contestazione di uno dei delitti previsti dal D.Lgs. 74/2000 richiede una particolare assistenza difensiva, sia sotto il profilo penalistico, sia sotto il profilo tributario. I procedimenti, infatti, procedono tra loro in parallelo. Tuttavia, molti fattori del versante amministrativo possono in determinati casi avere influenza sul versante penale: si pensi, ad esempio, all’opportunità del pagamento del debito tributario e delle sanzioni, il momento in cui viene effettuato il pagamento, l’eventualità di presentare ricorso in Commissione Tributaria. Per tali ragioni, la materia penale – tributaria richiede di essere trattata sin dalle origini con un’attività sincronica tra penalista e tributarista ed ogni elemento richiede di essere valutato in modo specifico, essendo ogni situazione diversa dall’altra.
Il difensore d’ufficio è un avvocato nominato dallo Stato che difende l’imputato non provvisto di difensore di fiducia. Affinché sia garantito il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., infatti, ognuno ha diritto di essere assistito da un avvocato. Il difensore d’ufficio deve essere retribuito dall’imputato; in ogni momento l’imputato può nominare un proprio difensore di fiducia in sostituzione di quello nominato d’ufficio.
Il decreto penale di condanna è un atto emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari all’esito di un procedimento speciale con il quale viene definita la posizione processuale penale di un indagato. All’esito delle indagini preliminari, infatti, il pubblico ministero può chiedere al Giudice per le Indagini Preliminari di emettere il decreto penale di condanna (art. 459 c.p.p.) quando si ritenga di dover irrogare la sola pena pecuniaria. Il provvedimento emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari contiene l’imputazione e la pena irrogata. Trattasi di un procedimento a contraddittorio eventuale e differito. L’emissione del decreto penale avviene “inaudita altera parte”: entro 15 giorni dalla notifica del provvedimento l’imputato può presentare opposizione al decreto penale e difendersi in un ordinario procedimento dibattimentale, anche richiedendo di essere giudicato con altro rito alternativo quale il rito abbreviato, il patteggiamento. Si può richiedere, inoltre, la sospensione del procedimento con messa alla prova).
L’avviso 415 bis è un atto con il quale la Procura della Repubblica informa l’indagato che sono state svolte e si sono concluse le indagini nei suoi confronti per un determinato reato. A norme dell’art. 415 bis c.p.p. , infatti, l’avviso di conclusione indagini deve contenere il capo di imputazione e gli articoli di legge che si intendono violati. Appena ricevuto l’avviso 415 bis c.p.p. l’indagato deve contattare il proprio difensore di fiducia, rintracciando un avvocato penalista che sia in grado di fornire le più importanti indicazioni per organizzare da subito la difesa. Dovrà essere presa visione del fascicolo ed estratta copia degli atti al fine di stabilire quale strategia difensiva intraprendere.
Competente a giudicare sui reati commessi dal minorenne è il Tribunale per i minorenni, che ha giurisdizione per tutti i reati realizzati da autori che al momento della commissione del fatto non avevano ancora compiuto gli anni 18. Laddove il reato sia stato commesso in concorso con persone maggiorenni, il procedimento viene “stralciato” (separata) e il Tribunale per i minorenni prenderà cognizione della sola posizione soggettiva del minore. Così, in ipotesi, laddove un reato sia stato commesso in concorso tra un maggiorenne e un minorenne nel circondario del Tribunale di Busto Arsizio, la posizione del minore verrà stralciata ed affidata alla cognizione del Tribunale per i minorenni di Milano.
L’ordinamento offre all’imputato di concordare con la Procura della Repubblica l’applicazione di una determinata pena. L’istituto, disciplinato agli art. 444 e ss c.p.p., è maggiormente noto come c.d. patteggiamento. Il patteggiamento può essere “allargato” quando si raggiunga un accordo con il Pubblico Ministero per l’applicazione di una pena inferiore ad anni 5 di reclusione (art. 444 co. 1 c.p.p.) ovvero “ristretto” laddove la pena sia patteggiata nel limite di anni 2 di reclusione (art. 445 co. 1 c.p.p.). Il patteggiamento non ha effetto nei giudizi civili e amministrativi per le restituzioni e il risarcimento del danno derivante dal reato. Ha effetto, invece, nei procedimenti disciplinari.
La sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato è un istituto, mutuato dal procedimento penale minorile, recentemente introdotto nel codice di procedura penale (art. 464 bis e ss. c.p.p.) e nel codice penale (art. . Trattasi di un procedimento speciale nel quale l’imputato può richiedere di essere sottoposto ad un periodo di “prova” durante il quale dovrà attenersi alle prescrizioni indicate dal Giudice ed effettuare lo svolgimento di lavori di pubblica utilità. Durante la “prova” il quale il procedimento penale resta sospeso. Il superamento con esito positivo della prova impone al Giudice di pronunciare una sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. per intervenuta estinzione del reato.
La riabilitazione è una causa di estinzione della pena: grazie all’istituto della riabilitazione, infatti, il condannato può ottenere l’eliminazione delle pene accessorie e dei c.d. “effetti penali della condanna” (art. 178 c.p.). Per poter accedere alla riabilitazione la pena principale deve essere stata eseguita ovvero deve essere estinta da almeno tre anni, salvo casi particolari. Competente a decidere sulla riabilitazione è il Tribunale di Sorveglianza (artt. 666 e 683 c.p.p.).
La responsabilità amministrativa degli Enti e delle Società derivante dal reato commesso dalla persona fisica (apicale o sottoposto) è direttamente dipendente dalla tipologia di reato presupposto commesso. Solo i reati che sono stati introdotti dal Legislatore nel catalogo dei reati presupposto possono fondare una responsabilità dell’ente. Allo stato risultano non compresi, tra i più rilevanti, i reati in materia di privacy ed i reati tributari.