La Corte Costituzione ha depositato in data 9 luglio 2015 la sentenza n. 139 del 26 maggio 2015, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 517 c.p.p., nella parte in cui, nel caso di contestazione in dibattimento di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell’esercizio dell’azione penale, non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato oggetto della nuova aggravante contestata.
In via generale, il codice di rito (cfr. art. 438 c.p.p.), come noto, preclude la richiesta di accesso al rito abbreviato dopo le conclusioni rese all’esito della udienza preliminare, mentre l’art. 517 c.p.p. consente alla Procura della Repubblica di modificare l’imputazione nel corso del dibattimento, contestando un nuovo reato, concorrente ex art. 12 comma 1 lett. b), ovvero una nuova circostanza aggravante, non menzionati nel decreto che dispone il giudizio.
Non essendo espressamente prevista una deroga dal codice di procedura penale, all’imputato è preclusa la possibilità di chiedere la definizione del giudizio con il rito abbreviato in relazione alle nuove contestazioni formulate a seguito dell’apertura del dibattimento, sicuramente limitatamente ai casi di contestazioni fisiologiche frutto, quindi, dell’attività istruttoria resa in sede dibattimentale.
Diversa la soluzione – alla luce di questa pronuncia della Corte Costituzionale – laddove si tratti di contestazioni tardive e patologiche, ipotesi che si verificano quando la Procura della Repubblica nella richiesta di rinvio a giudizio ometta di indicare fatti nell’imputazione di reato o circostanze aggravanti già risultanti nel corso delle indagini preliminari. Contestazioni che, a norma degli artt. 516, 517 e 518 c.p.p., ben possono essere formulate in dibattimento, stante i limiti ivi previsti.
Con la presente pronuncia, i Giudici della Consulta hanno ritenuto che l’accesso ai riti premiali non possa essere subordinato alla corretta impostazione dell’imputazione effettuata dalla Pubblica Accusa. In caso di errore della Procura della Repubblica e, quindi, di contestazione tardiva e patologica della circostanza aggravante, a fronte di una sostanziale modifica dell’imputazione, l’impossibilità di accedere al rito abbreviato si porrebbe in contrasto con un legittimo e pieno esercizio del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e darebbe luogo ad una irragionevole discriminazione dell’imputato (art. 3 Cost.).