Anche l’inerzia (le condotte omissive) poste in essere dall’amministratore infedele possono rientrare nella fattispecie incriminatrice di cui all’art. 2634 cod. civ. ed integrare il delitto di infedeltà patrimoniale (punibile, peraltro, a querela di parte, cioè della persona offesa individuabile nell’assemblea dei soci, ma non nei terzi creditori).
Secondo la Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. V, n. 37932 del 12 maggio 2017), infatti, “Non v’è dubbio che la fattispecie di cui all’art. 2634 cod. civ. sia stata concepita come “reato d’azione con evento di danno” (così la Relazione governativa di accompagnamento al d.lgs. n. 11/4/2002, n. 61, che la riformato l’art. 2634 cod. civ.) e che la condotta consista – come già detto – nel compiere o concorrere a deliberare “atti di disposizione” di beni sociali. In via di principio, pertanto, le condotte omissive non rientrano nel fuoco della norma incriminatrice. Ciò non toglie, però, che le omissioni possano, in particolari situazioni, assumere la medesima valenza delle “azioni”, determinando – in sinergia con l’azione di terzi o con l’evoluzione di situazioni sfavorevoli all’impresa, non contrastate dall’amministratore – la compromissione dell’interesse protetto dalla norma (l’integrità del patrimonio sociale)”.
Resta solo da valutare se, effettivamente, una tale interpretazione della norma penale che ricomprenda le omissioni negli “atti di disposizione” di cui all’art. 2634 cod. civ. non si ponga in violazione del divieto di analogia in malam partem.