Al fine di contrastare efficacemente il fenomeno del lavoro nero e dello sfruttamento dei lavoratori la L. 29 ottobre 2016, n. 199, ha novellato, in particolare, l’art. 603 bis c.p. ed il catalogo dei reati presupposto della responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/01.
A seguito delle recenti modifiche l’art. 603 bis c.p., introdotto nel 2011 e rubricato Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, non sottopone a pena solo chi effettua attività di intermediazione per il reclutamento di manodopera, ma anche il datore di lavoro. Affinché vi sia rilievo penale, inoltre, non è più necessaria l’organizzazione dell’attività lavorativa, lo stato di necessità del lavoratore soggetto passivo del delitto e, soprattutto, la violenza, minaccia o intimidazione. La struttura del reato è stata modificato e appare oggi idonea a ricomprendere un numero estremamente maggiore di fattispecie concrete caratterizzate dalla violazione dei dritti fondamentali dei lavoratori. La norma, infatti, punisce con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ogni lavoratore reclutato non solo l’intermediario o il “caporale” (fenomeno tipico nell’agricoltura e nell’edilizia), bensì anche il datore di lavoro (imprenditore, amministratore, …) che utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione, e sottopone i lavoratori a condizioni di sfruttamento.
E’ previsto, inoltre, l’arresto obbligatorio in flagranza. Violenza e minaccia divengono circostanze aggravanti del fatto tipico di reato.
Il Legislatore ha mantenuto, all’art. 603-bis, comma 3, c.p., gli indici legali di sfruttamento: “1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; 3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; 4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti”.
Dal 4 novembre 2016 (data di entrata in vigore della novella), quindi, è punito il caporale o intermediario e, altresì, il datore di lavoro a prescindere dalla cittadinanza del lavoratore. In precedenza, infatti, nell’ordinamento aveva rilevanza l’articolo 22, comma 12-bis, del Testo unico sull’immigrazione (D.Lgs. 286/1998) che punisce, con sanzioni penali aggravate, il datore di lavoro che occupi alle proprie dipendenze – non importa se introdotti al lavoro dal “caporale” o meno – lavoratori stranieri irregolari.
Il Legislatore non ha mancato di prevedere anche disposizioni di diritto penale patrimoniale. E’ prevista la confisca obbligatoria, anche per equivalente, per il delitto di intermediazione illecita, nonché la nomina da parte dell’Autorità Giudiziaria dell’amministratore giudiziario “qualora l’interruzione dell’attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore economico del complesso aziendale” (art. 3 L. 199/2016).
E’ stato inoltre aggiornato il catalogo dei reati presupposto ex D. Lgs. 231/01 (responsabilità amministrativa degli enti e delle società dipendente dal reato) con l’inserimento del nuovo delitto di cui all’art. 603-bis c.p. (art. 25 quinques D. Lgs. 231/01). La novità onera le aziende e società – soprattutto del settore edile e agricolo – ad aggiornare il modello di organizzazione e gestione dell’ente ex D. Lgs. 231/01.